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Certosa di Vedana:

 VITA QUOTIDIANA


 
VITA QUOTIDIANA
Quando a VEDANA c’erano i monaci: testimonianza di Dom Elia Catellani Certosa di Vedana già Priore nel 1974

Tre parole essenziali in Certosa: AUSTERITA’, PREGHIERA e SILENZIO.
La solitudine è una virtù, l’isolamento è un difetto.

 

Regole di vita quotidiana

AUSTERITA’: In fatto di regime alimentare niente carne per tutta la vita, accontentarsi di 2 pasti al giorno, dal 15 Settembre a Pasqua c’è il grande digiuno monastico, per chi può, chi riesce, si limita a un solo pasto verso la metà della giornata. Una volta alla settimana, in genere al Venerdì o la vigilia di una grande festa, pane ed acqua. Non è che ci si stanchi, non è che ci si affatichi, ci si adatta facilmente.

PREGHIERA: Noi consacriamo in media 3 ore di veglia notturna tutte le notti, alle sei e mezza la sera ci sono le ultime preghiere e la nostra giornata finisce alle 7 e mezzo serali, chi vuole andare a letto va a letto subito, chi vuole stare alzato un’ora può farlo, poi tutti a letto per essere pronti alla veglia notturna che incomincia alle undici e mezzo, una breve preghiera in cella, poi a mezzanotte in chiesa per 3 ore, dove cantiamo d’ufficio col canto gregoriano, la musica moderna non è entrata in certosa e neanche gli strumenti di musica, quindi neppure l’armonium e l’organo, questo perché sia la voce naturale dell’uomo e solo quella che loda il Signore.
Al termine si ritorna a letto e alle 7 del mattino di nuovo in preghiera.

Sostanzialmente si può dire che la nostra giornata si divide in
tre parti: otto ore di esercizi spirituali che comprendono messa conventuale, messe private, ufficio divino, spaziate durante il giorno, otto ore per il sonno, però spaccato dalla veglia notturna, e otto per le altre attività di studio e laboratorio.
SILENZIO: Un passaggio settimanale fuori della clausura per 3 o 4 ore in cui si può parlare, tutto il resto in silenzio.

In Certosa ci sono 2 categorie di religiosi: i “
Padri sacerdoti” e i “Fratelli religiosi laici”, in questa casa, 12 sacerdoti, di cui uno solo italiano, 10 religiosi laici di cui 9 italiani. I religiosi laici in genere assicurano i servizi conventuali, quindi la loro solitudine è un po’ mitigata rispetto a quella dei Padri, per le necessità inerenti al loro lavoro, chi in sartoria, chi in cucina, chi alla porta, chi al pollaio, chi in agricoltura, ognuno parlerà nella misura in cui è necessario al suo mestiere.
Mentre invece i Padri hanno il silenzio assoluto eccetto alla Domenica un’ora e mezzo di ricreazione, colloquio e un passaggio settimanale di 4 ore. I religiosi fratelli, hanno un permesso mensile e una ricreazione pure mensile.

  C’è la tabella con cui il “Padre sagrista” annuncia le principali riunioni della comunità: i principali atti, per esempio
“Mundatio pannorum” , il bucato, ogni padre, ogni religioso mette fuori dalla cella il pacco della roba da lavare e va in lavanderia, “Rasura” il taglio dei capelli una volta al mese, “Spatiamentum” è il passaggio settimanale 4 ore di colloquio, “Preces” si chiede, specialmente quando muore qualche parente di pregare per gli amici, parenti, defunti o altro.
C’è l’elenco dei religiosi e l’elenco della Cappella, Il tassello con cui il
Padre Sagrista assegna a ciascun religioso la funzione liturgica da fare.

Di che si parla nei
nostri incontri: delle nostre aspirazioni, della nostre gioie, delle nostre ansie, dei problemi spirituali, delle nostre esperienze personali, nel momento attuale, per chi non vuole isolarsi, nel senso negativo della chiesa, partecipiamo un po’ al dibattito, alle correnti di opinione che esistono attualmente nella Chiesa.


La prima clausura è la casetta con l’orticello accanto, mangiamo insieme in silenzio, la Domenica e i giorni di festa anche quando è venuto il Santo Padre (
Papa Giovanni Paolo II nella Certosa di San Brunone in Calabria) io ho incaricato di leggere, dopo la prima frase ha battuto la posata sulla bottiglia e ha detto “vediamo se questi monaci hanno perduto l’uso della parola”, allora io sono sceso dal pulpito, mi sono messo a tavola, in cinquant’anni l’unica volta che abbiamo parlato in refezione.

Sempre insieme, dormire, mangiare, lavorare, pensavo che fosse più difficile della nostra vita, perché sa quando si è soli non c’è modo di parlare, invece la società oggi è talmente socializzata che vedo che è più avere vocazione alla vita comunitaria pur con la stessa austerità nostra, con le stesse veglie, le stesse preghiere, però assieme.
Ora sono 4000 mi pare le Certose nel mondo.

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 © Cassol Luciano tutti i diritti sono riservati