Antiche tracce di vita:
GENA ALTA
C'
era
una volta Gena alta...
La storia di un
villaggio fantasma a pochi chilometri da Roncoi, nella valle del Mis in
provincia di Belluno; appena vi si addentra, nel circondario del lago dal
nome omonimo, si presenta un intrico di monti selvaggi che raccontano la
storia di altri tempi quando il lago non c'era e la vallata era abitata da
centinaia di famiglie.
Verso metà lago, nel costone obliquo che si para davanti, si può a
malapena scorgere in mezzo alla vegetazione, il villaggio di Gena alta,
(Ièna in dialetto), un piccolo villaggio a 800 metri di altezza aggrappato
ai dirupi della val Soffia raggiungibile da un'erta mulattiera, oggi
asfaltata.
Un tempo, fin verso la metà del novecento abitato da numerose famiglie,
con più di cento abitanti, dediti al lavoro di boscaioli e carbonai, un
mestiere duro e faticoso fatto all'aria aperta nei luoghi selvaggi e
incontaminati dei monti del sole.
Il paese venne bruciato durante i terribili rastrellamenti nazisti del
1944 e ricostruito nel dopoguerra, a fondo valle e lungo la mulattiera,
lapidi con i nomi e ritratti dei 5 uomini del paese a testimonianza di una
barbara esecuzione.
Gli eventi che ne causarono il definitivo spopolamento furono dapprima la
costruzione del lago artificiale del Mis, successivamente l'alluvione del
'66' e il fenomeno dell'emigrazione.
Oggi Gena, completamente disabitata, si presenta come un villaggio di
fantasmi, uno spettacolo allucinante e struggente in un silenzio surreale
a cui fa eco il rumore delle cascate della val Soffia e il gracchiare dei
corvi; sono passati i tempi in cui gruppi di donne di ogni età, con la
pesante gerla di vimini percorrevano la ripida mulattiera che le portava a
valle presso l'unico punto di rifornimento, l'albergo "Valle del Mis"
chiamato "hotel", con annessa bottega e tabaccheria, la scuola e l'ufficio
postale, praticamente il "centro" della valle che serviva per far
provvista di viveri, mandare i figli a scuola o per ritirare la pensione
del marito, tempo impiegato circa un paio d'ore. Ancora al giorno d'oggi
lungo la strada si possono notare i "sent" dove le donne si fermavano a
riposare e magari a "contarsela" nel ritorno sotto il peso delle pesanti
gerle.
Le tracce di una secolare civiltà vanno gradualmente sparendo per lasciare
il posto a monumenti artificiali come il lago del Mis, la società dei
consumi ha vinto la sua battaglia contro il piccolo e orgoglioso villaggio
di Gena alta.
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Storie partigiane

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VALLE DEL MIS
Nella valle non c’era quasi nulla, la scuola,
l’Hotel con l’Osteria
e una bottega di generi alimentari. A scuola c’erano 5 classi messe tutte
assieme, con un solo maestro. Per arrivarci da casa, bisognava percorrere
oltre un chilometro a piedi, pioggia, neve o sole. Nella valle le famiglie
erano sparse qua e là. I primi dopo le gallerie, dove la strada delle
Tranze
si congiungeva con quello bassa di Canal del Mis (nel punto in cui
ora si trova la diga), erano
i Vedana.
Poi un pò più avanti, sotto la strada, c’erano
i De Min,
e più in là
i Stach.
Passando il ponte di Sant’Antonio,
dove dai pascoli scendeva la strada delle Tranze, altri Vedana, detti
“Mioi”.
Addentrandosi sulla sulla destra, c’erano
i Balzan
e poco più avanti, prima del pian Falcina, si entrava nel
pian dei Zech,
sopra il quale c’era la baita degli
Speranza,
l’unica che ancora esisteva nella valle. Nella
Colonia Buzzati,
a quel tempo c’erano i tre fratelli
Fiabane:
Giovanni, il più vecchio, era il capostipite e mandava avanti il fondo con
i figli. Quello era l’unico punto di tutta la valle in cui si seminava il
granturco. Inoltre avevano anche delle vigne di Clinto o Bacò, un’
uva molto dura e di poco grado. Sulla destra, oltrepassando il Mis su una
passerella di corde, c’erano
i Case,
dove abitava il vecchio Leto con i tre figli, mentre di altri otto
erano fuori dalla valle. Sulla sinistra c’erano
i Mioranza
conosciuti però come
i “Case”.
Continuando su una piccola salita si trovavano
i Scalet
“de fora”.
Lì c’era un’Osteria, dove c’era Stella, una delle figlie di
Teresa la propietaria rimasta vedova. All’interno avevano messo il
calcetto, ma era molto difficile farci una partita, perché bisognava
essere in quattro e spesso mancavano le dieci lire per il gettone.

01-Visione dello sbocco del canal
del Mis
dalla colonia il pian dei
ZECH e, in alto, a destra
le TRANZE.
Anni '30'
Poi c’erano
i Scalet “de entro”,
sul ponte sopra il Mis e di là
i Tibolla.
Andando avanti, sempre sulla destra, c’erano
i Cogolani,
con una casa costruita in un’enorme grotta. Per accedervi dalla strada,
attraversando il Mis , avevano appoggiato sopra i sassi delle tavole
attaccate con dei cavi alle sponde. In modo che quando pioveva e il fiume
era in pieno, la corrente non se le portasse via. Poi c’era
Vittorio dell’Hotel.
Per ogni cliente che entrava a bere un’ombra, lui ne approfittava per
berne una anche lui. Di fianco all’hotel c’era la costruzione in cui aveva
sede la scuola. Al piano terra i grandi stanzoni usati come ripostiglio:
uno per le biciclette di quelli che da Gena, scendevano a piedi per poi
montare in sella e venire fuori dalla valle; l’altro con un bel pianoforte
che noi ragazzi ci divertivamo a strimpellare quando trovavamo aperto.
Sopra c’erano una stanza grande per la scuola, una più piccola per
l’ufficio postale e i gabinetti. Il postino si chiamava Mosè.
Percorreva tutta la valle in bici e poi saliva fino a Gena.
02-Gena Bassa, prima della
costruzione del lago del
Mis, oggi il paese non c'é
più. L'Hotel con a destra la scuola e l'ufficio postale, denominato
albergo delle -tre f-, fam,
fret
e fadiga.
Davanti all’hotel c’erano
i Pieri,
un gruppo di quattro famiglie. Appena dietro c’era la chiesetta di San
Remedio, dove ogni tanto veniva il prete da Sospirolo a dire la messa.
Vicino c’era il ponte che attraversava il Mis. Di fronte,
i Bitti,
dove oggi si trovano un bar e la chiesetta ricostruita dopo l’innalzamento
della diga e la formazione del lago. Di fronte all’hotel, al di là del Mis,
veniva giù la cascata della Soffia, a quel tempo la maggior
attrazione turistica della valle. Era di proprietà di Angelo Paganin,
un tipo con i capelli tutti bianchi che aveva un mulino e una piccola
centralina elettrica con cui forniva corrente a tutta la zona. Però
corrente solo per la luce alternata con disponibilità di 50 watt e se ne
accendevano una in più, le lampadine ballavano tutte. Erano infatti
lampadine da 5 o 10 watt l’una.

03-L'antica chiesetta di San
Remedio - ristrutturata nel 1948 - foto fatta durante la visita del
vescolo Muccin, 2 maggio 1952 - Gena bassa Sospirolo BL
Poi c’erano
i Redi,
altre quattro famiglie. Più in là
i Sbriss,
dove abitava Isidoro Paganin. E ancora
i Pissa,
tagliati per metà dal torrente Costalunga. Alla fine c’erano
i Stua
che avevano un’osteria, un mulino e una centralina: di fatto erano del
tutto indipendenti, lì tutti i giorni passava la “corrierina” che
collegava California con Bribano. Era molto bassa, come le
gallerie. l’autista caricava di tutto, pecore, frasche, fagioli e ogni
cosa necessaria. La gente di Gena media veniva giù a piedi all’Hotel nella
piccola bottega, a comprare i beni di prima necessità. Quelli di Gena
alta, invece, avevano un filo sul quale facevano scorrere un carrello con
le borse di ogni famiglia e la lista dell’occorrente. Assieme c’era anche
il libretto che Vittorio usava per segnare il conto, saldato una volta al
mese quando arrivavano i soldi.

03-Il Pian dei Zech con,
sullo sfondo, I Case. Da sn Cesarina, con il nonno Giovanni Fiabane, e
Angela Mioranza, da Belavaàl.
Più fuori c’erano poi delle casere con le stalle chiamate
Nandrina Bassa
e
Nandrina Alta.
L’estate ci portavano le vacche al pascolo e falciavano a mano i grandi
appezzamenti di Prato. Sopra
i Paganin
c’era
Piscalor,
dove c’era una casera con un bel pezzo di terreno e di bosco. C’era la
famiglia
Mioranza,
con il padre che lavorava nei boschi aiutato dalla moglie a falciare
l’erba e a seccarla. Nella stalla però ci lavorava solo la moglie che
provvedeva a mungere le mucche. Ce n’erano due o tre da latte più qualche
vitello che veniva venduto a Roldo, il proprietario della
macelleria a Mis. Il resto del Prato era seminato patate e fagioli e
crescevano molto bene grazie alla terra nera. L’orto veniva tutto vangato
a mano e il letame portato con la gerla.

04-Pastori sulle Agnelezze (campotorondo).
Da sn Elia Fiabane, Corinna Balzan, Giuseppe Fiabane, Aldo Buzzatti,
Giovanni Fiabane. Settembre 1943.
A
Piscalor
c’era anche la corda che dalla la casera, situata a 810 m sul livello del
mare, scendeva fino
ai Bitti,
dove passava la strada per California. La si può trovare tutt’ora, anche
se prima era teleferica con quattro corni e non filo sbalzo come adesso.
Di frequente i ragazzi quando tornavano da scuola dopo pranzo, la madre
gli affidava una pentola di minestrone da portare su alla casera ai loro
genitori che facevano legna nel bosco. Il loro menù era polenta e
formaggio tre volte al giorno.

05- Fine
anni '40 all'Hotel di Gena
Bassa - Donne di Gena.
Nel 1952 hanno tagliato il bosco dalla parte della Soffia e poi la
legna, col filo a sbalzo, l’hanno fatto arrivare a Gena Alta.
Durante la guerra, Gena era stata distrutta dal fuoco e il Genio Civile
l’ha ricostruita. Per portarci i materiali avevano installato una
teleferica a motore e costruito una mulattiera , poi hanno abbassato le
corde su una cavalletta mandando giù la legna, l’arrivo era vicino
all’Hotel. La notte dormivano nella casera che prima della guerra era
molto piccola, due stanzette sotto due camere, tipo mansarda sopra.
Durante il conflitto i tedeschi l’hanno bruciata, insieme a Gena Alta,
perché c’erano dei partigiani. Ricostruita poi più grande, attaccandoci
stalla e fienile. Era successo durante le vacanze di scuola, una volta
finito hanno fatto tre giorni di festa bevendo vino volontà nell’Hotel. Lì
dormivano tutti insieme, senza letti, con Brande ricavate da stecchi di
Frassino e fieno, tutti in fila in una specie di ricovero che chiamavano
la DAGA.
© Cassol
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