Antiche tracce di vita:
      
       DON 
      GIULIO GAIO
      
      
       
      
      
      
      Era il 17 Dicembre 1886, quando, alle ore 10 in quel di Lamon (BL), veniva 
      alla luce Giulio Gaio, di Bortolo e Fiorenza Luigia Gaio. Don Giulio 
      conservava il certificato di nascita appeso al muro della propria camera, 
      “così ogni mattina ringrazio per un altro giorno da vivere”. Ricorda con 
      il sorriso la sua infanzia, quando seguiva il padre -venditore ambulante- 
      nei vari mercati del Veneto.
      Dopo aver frequentato le prime tre classi elementari a Lamon e le altre 
      due a Fonzaso, a dodici anni entra in seminario a Feltre, dove frequenta 
      con ottimo profitto i cinque anni di Ginnasio.
      Don Giulio è stato rettore del santuario di San Vittore e Corona proprio a 
      Feltre, dal 1939 al 1992, quando è morto all’età di 105 anni. Nel 1932 
      aveva anche fondato la Casa Esercizi nel restaurato convento annesso al 
      Santuario.
      
      
      
      
      
      
      A pochi chilometri da Feltre, alla rocca di San Vittore il tempo sembrava 
      essersi fermato, in quegli anni gli abitanti non scendevano quasi mai alla 
      città pur essendo vicinissima, nemmeno le donne per le loro compere, da 
      quando c’era la teleferica, si usava quella per la spesa.
      Soltanto Don Giulio Gaio (1886-1992) , rettore del Santuario, scendeva 
      talvolta a Feltre usando una vecchia Fiat 508 Balilla a 3 marce 
      decappottabile, poco più di un muletto da montagna che lo rese leggendario 
      in tutta la diocesi di Feltre, gli era stata regalata nel 1934 dagli 
      iscritti dell’Azione Cattolica, la guido fino all’età di 99 anni (verrà a 
      mancare alla veneranda età di 105 anni).
      Don Giulio preferiva la pace del suo Santuario tra gli affreschi del 
      300/400 di cui l’interno è adorno, sono tra i più preziosi e meglio 
      conservati che vi siano e pure pochi li conoscono.
      
      
      
      
      Aveva un debole per la sua Balilla, una Fiat del 1934 regalatagli dagli 
      iscritti all'Azione Cattolica di quegli anni perchè potesse visitarli 
      nelle loro parrocchie, sostituendo la vecchia motocicletta, una Douglas 
      350 inglese, che a sua volta aveva sostituito la bicicletta. L'ha guidata 
      fino alla soglia dei 99 anni, grazie a qualche certificato compiacente del 
      suo medico dottor Artemio Dalla Valle ed alla buona sorte, agevolata dal 
      fatto che andava lentamente e, negli ultimi anni, solo da Feltre a San 
      Vittore e viceversa.
      
      La Balilla, un'auto sportiva a due posti, che ha avuto molto successo tra 
      le due guerre, gli serviva sia per spostarsi che come mezzo per fare 
      rifornimento di viveri e mercanzie di ogni genere, che trovavano posto 
      nell'ampio bagagliaio: finchè è vissuto, non ha voluto disfarsene, 
      nonostante qualcuno gli offrisse buoni prezzi o la permuta con un'auto 
      nuova, venne il fatidico giorno in cui fu ricoverata nel garage, dopo 52 
      anni di fedele servizio, in seguito all’uscita di strada a pochi passi dal 
      piazzale del Santuario che tenne in apprensione tutti i feltrini commenta: 
      “la macchina ha avuto più giudizio di me. Visto che non smettevo mi ha 
      fatto smettere lei! Quelle sì che erano automobili: i le fasea parchè le 
      durasse”.
      
      Acquistata dopo la sua morte, da un collezionista trevigiano, ogni tanto 
      fa ancora la sua comparsa a Feltre in occasione di raduni di auto d'epoca. 
      Anche alla sua Balilla ha dedicato una poesia , che si conclude con 
      nostagia:
      
      
      
      
      "Viva o Balilla
      de l'età bella!
      Anche se vecchia,
      sei sempre quella!"
      
      
      
      
      
      
      
      
      
      
      Abbarbicato sopra 
      un ripido sperone di roccia del Monte Miesna a circa 800 metri s.l.m. nei 
      pressi della località Anzù di Feltre, sopra la ferrovia Padova-Calalzo, sorge il Santuario- Basilica che i feltrini chiamano semplicemente “San Vetor”
 
      
      
      
      
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