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Antiche tracce di vita:

LE SORT - (Roncoi)

Cammindano nella storia...

Le SORT de Roncoi:
L’alba si allungava sulla Valbelluna ancora immersa nelle tenebre: le rocce del
Pizzocco, lassù
confine con il cielo, si coloravano di rosa e già il sibilo delle falci che tagliavano l’erba coperta di rugiada risuonavano con ritmo antico, un’orchestra affiata dall’esperienza e dal bisogno
I
“segador” si erano alzari ancor prima che i galli cantassero, nel cuore della notte. Avevano indossato i loro abiti consunti, le “galohe” e “coder”, si erano incamminati lungo strade bianche e polverose mulattiere e sentieri per strappare alla montagna quel fieno che rappresentava una magra ricchezza a loro estremamente necessaria. Guidati dalle stelle salivano fino a Staolet, e poi ai rispettivi appezzamenti divisi con straordinaria precisione: “le sort”. Con lo stomaco vuoto, scalzi, iniziavano a tagliare dall’alto verso il basso (eccetto sulle pendici verticali del Piz dove per sicurezza procedevano da sotto a sopra). In mirabile equilibrio si destreggiavano tra sassi, cespugli, ginepri, l’erba bagnata entrava tra le dita tagliando la pelle più delicata.


Questo rituale si svolgeva ogni Estate, dalla seconda quindicina di Luglio alla fine di Agosto, ma il tutto veniva preceduto da due aste pubbliche che garantivano l’aggiudicarsi del diritto di tagliare un certo lotto. Dagli  inizi dell’ottocento il territorio da Staolet si inerpica fino alle Ere, da S. Felice al
Cadin era passato da proprietà comunale a privati in molti settori. Soltanto alcuni lotti seguivano la giurisdizione comunale e pochi altri quella ecclesiastica della Parrocchia. Le “sort” erano state divise in varie zone distintive. Da S. Felice fino alla Forcelletta venivano denominate “Sort longhe”, dalla Forcelletta alle Brendere la divisione seguiva un indirizzo anche orizzontale, in tre “Scavehade”, la prima, la seconda, la terza.


Tutti i cittadini del comune di S. Gregorio potevano concorrere ad ottenere il diritto di tagliare i lotti comunali e ecclesiali. Nel mese di Giugno, in due Domeniche successive si procedeva alle aste.
La prima veniva convocata davanti alla casa dove il messo, dell’epoca anni ‘3’ – ’50 rappresentato da
“Nani Doro”, batteva i vari lotti; Tac, Dof, Franze, Valbona, Ere basse, Val delle Ere, Laste, Piz, Pian del Toro. Chi si aggiudicava il diritto versava l’importo pattuito e con la ricevuta in tasca si garantiva tutto il prodotto di quel lotto.


Nella seconda asta, sul sagrato della chiesa parrocchiale, dopo la Messa delle 10, la “Messa Granda”,
“Toni Barcola” il capo fabbriciere della Parrocchia batteva i settori su cui la chiesa aveva giurisdizione: le “Sort delle Anime”, della Madonna, del Bollettino. L’aggiudicazione seguiva lo stesso procedimento dell’asta comunale. In un periodo durante il regime fascista quest’ultima venne preclusa ai cittadini che non avevano donato l’oro alla Patria sotto forma di fedi nuziali o collane varie. Uno o due giorni prima del taglio (che di norma procedeva dagli appezzamenti più bassi verso l’alto per ovvie ragioni di maturazione dell’erba) i proprietari titolari del diritto salivano ai loro settori e segnavano i confini con pezzi di straccio legati a cespugli o ad aste di nocciolo.


Se qualcuno, poi, al momento del taglio valicava i confini i mugugni dei vicini non si facevano certo desiderare e spesso trovavano questa espressione:
“Al à la falz che buta fora” . Il fieno tagliato (generalmente per falciare una Sort ci voleva una giornata di 3 persone) se il sole faceva capolino tra le nuvole, si essicava quasi istantaneamente e veniva rastrellato verso il basso dalle donne e dai bambini, saliti verso le sette del mattino con la cesta del pranzo contenente la polenta, il formaggio e la ricotta e in qualche caso fortunato, salame, e l’acqua prelevata a Fontanelle o a S. Felice dalla “Jiia Dorda” che avrebbe dovuto essere sufficiente per tutto il giorno in quanto era faticoso scendere per procurane dell’altra. I mucchi di fieno venivano caricati su rami di nocciolo,“Elme” , e trascinati giù fino alla strada dove il carro con i buoi li avrebbe portati nei fienili. Nel caricare i carri veniva intervallato uno strato di fieno ad uno di rami al fine di rendere il carico stabile stante la sottile consistenza del fieno stesso. Chi non possedeva carro e buoi o non poteva affittarlo, impiegava la slitta, la “Mussa”; in genere tutti i contadini di Roncoi usavano tale mezzo.

 Largo uso della slitta veniva fatto inoltre per trasportare il fine giù dalle Ere, in quanto il raccolto immagazzinato in grossi mucchi, “Mede” durante il taglio, prendeva solo in Autunno la via di Staolet, in periodo di calma. E’ doveroso dare un accenno a particolarità di raccolto per lo meno insolite. IL taglio del Piz veniva spinto verso il basso con la scopa in precario equilibrio tra rocce sporgenti. Quello della Pala dei Mas, vicino alla Forcelletta, invece, scendeva gettato nel vuoto nella sottostante Valscura. Con il prodotto raccolto faticosamente si poteva ottenere uno scambio in natura (formaggio, salame) per chi non possedeva animali oppure veniva venduto ai commercianti o contadini con molto bestiame.


Fatiche immani, sacrifici impronunciabili nella miseria di una povertà onesta e fiera. Negli anni ’20 l’economia del comune di S. Gregorio si basava sul settore agricolo, il più vicino alle dimensioni umane, nessuna comodità, pochi privilegi, tanto lavoro duro. D'altronde rimanevano pochissime alternative e la più seguita era l’emigrazione in regioni e paesi stranieri. Con quel poco che racimolavano al prezzo di una fatica onesta campavano l’Inverno, si permettevano qualche bevuta all’osteria e qualche partita a bocce, poca cosa rispetto ai giorni nostri. L’educazione scolastica era minima, tuttavia i rapporto interpersonali legavano la gente più del denaro o delle comodità, anche se la vita comunitaria veniva pilotata da chi manteneva le fila dell’amministrazione politica e religiosa.

 Roncoi di San Gregorio nelle Alpi (m. 700) - Veduta del Monte Pizzocco (m. 2186) - Anni '50

L'ultima SORT de Roncoi
Nel
1959 le SORT a Roncoi sono rimaste da sfalciare per la quasi totalità, più conveniente impiantare pini, abeti e larici forniti dalla forestale.
A Roncoi la moglie con tutta la famiglia andava ad aiutare il padrone di casa a falciare le SORT con una precisa divisione del lavoro: l’uomo si alzava al mattino presto, in qualche caso dopo aver dormito la notte in qualche casòn piedi delle Ere. La sort di
Gildo Campedel partiva dai Dòf e quando iniziava a falciare, si formava sul monte una stretta strisciolina, come quella che faceva sulla testa di noi ragazzi il nonno quando passava quella terribile macchinetta dei capelli, e più passava il tempo e più la strisciolina si allungava. Dal piano di Roncoi, dalla piazza di San Gregorio e dai paesi bassi, si assisteva a questo spettacolo della montagna che cambiava pelle, e Gildo lo sapeva, per questo ci dava dentro, era una prova di forza e di orgoglio: per la sera doveva finire. Si fermava a mezzogiorno, per il pranzo portato dalle donne che, con il resto della famiglia, entravano in scena in questo momento: mentre Gildo continuava a tagliare, loro salivano in alto e iniziavano a a rastrellare il fieno che, per essere fino in quanto a consistenza (magro) e ben esposto al sole e all’aria, si essicava con facilità. Alla sera dovevano essere tutti, uomo, fieno e donne a Staolèt, dove c’era pronto il carro trainato dai buoi che avrebbe portato questa risorsa montana a Carazzai. Gildo Campedel è stato l’ultimo a sègar le sort.
Dal 1958 le Sort vengono sempre più abbandonate, sfalciate soltanto per un decimo.

Quando alziamo gli occhi al Pizzocco e vediamo quelle file rigide di larici, quelle chiome dei carpini e dei noccioli, ricordiamo che lassù, avvinghiati alla montagna, i nostri antenati si sono consumati le loro fibre per crescere una generazione destinata al sacrifico e consegnarci un mondo più evoluto e meno pregno di fatiche.

 

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 © Cassol Luciano tutti i diritti sono riservati